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      Quando però era lanciato da una mano forte ed esperta, non v'era cavalleria alcuna che ardisse avanzarsi dentro il suo tiro, nè scudo, nè corsaletto che potesse sostenere l'impetuosità del suo peso. Appena il soldato romano avea lanciato il suo Pilo, sguainava la spada, e correva alle strette con il nemico. Questa era una lama spagnuola corta e ben temprata a doppio filo, e propria ad usarsi egualmente e di taglio e di punta; ma il soldato era sempre avvertito di preferire l'ultimo modo, poichè così il suo corpo restava meno esposto, mentre portava più pericolosa ferita al nemico(61). La legione ordinariamente si schierava con otto soldati di profondità, e si lasciava la regolar distanza di tre piedi sì tra le file che tra gli ordini(62). Un corpo di truppe assuefatto a conservare quest'ordine di distanza, schierato in una larga fronte, e pronto a correr velocemente all'assalto, era atto ad eseguire qualunque disposizione, che le circostanze della guerra, o l'abilità del condottiere potessero suggerire. Il soldato aveva un libero spazio per le sue armi ed i suoi movimenti, e si lasciavano intervalli bastanti, per li quali si potessero a tempo introdurre rinforzi in sostegno de' combattenti spossati(63). Le tattiche dei Greci e dei Macedoni erano fondate sopra principj molto diversi. La forza della falange consisteva in sedici file di lunghe picche, serrate strettamente fra loro(64). Ma presto si scoprì con la riflessione non meno che con l'esperienza, che la forza della falange non poteva contrastare con l'attività della legione(65).


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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