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      Forse si avvicinava il fatal momento, nel quale qualche giovane dissoluto o qualche tiranno geloso, distruggerebbe il lor popolo con quell'assoluto potere ch'essi aveano impiegato a farlo felice. Il freno ideale del Senato o delle leggi poteva servire a far risaltar le virtù, ma non a correggere i vizj dell'Imperatore. La forza militare era uno strumento cieco ed irresistibile di oppressione; e la corruzione dei costumi romani sempre avrebbe fornito adulatori facili ad applaudire, o ministri pronti a servire al timore o all'avarizia, ai sensuali piaceri od alla crudeltà dei loro padroni.
      L'esperienza dei Romani aveva già giustificato questi funesti timori. Gli annali degl'Imperatori presentavano una forte e varia pittura della natura umana, che noi invano ricercheremmo tra i misti e dubbj caratteri della storia moderna. Nella condotta di que' Monarchi si possono scoprire tutti i gradi del vizio e della virtù; la perfezione più sublime e la più bassa degenerazione della nostra specie. L'aureo secolo di Traiano e degli Antonini era stato preceduto da un secolo di ferro. È quasi superfluo il numerare gl'indegni successori di Augusto. I loro incomparabili vizj, ed il teatro illustre, sul quale hanno rappresentato, gli hanno salvati dall'obblivione. Il cupo inflessibil Tiberio, il furioso Caligola, lo stupido Claudio, il malvagio e crudele Nerone, il brutale Vitellio(270), ed il timido e barbaro Domiziano sono condannati ad una perpetua infamia. Per quarant'anni (se si eccettui solamente il breve e dubbioso respiro(271) del regno di Vespasiano) Roma gemè sotto una continua tirannide, la quale esterminò le antiche famiglie della Repubblica, e riuscì fatale a quasi ogni virtù, e ad ogni talento che comparve in quello sfortunato periodo.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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