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      Pertinace modestamente rappresentò la bassezza della sua nascita, ed accennò varj nobili Senatori più degni del trono; ma obbligato di cedere a' voti dell'assemblea ed alle più sincere proteste di una fedeltà inviolabile, ricevè tutti i titoli annessi alla dignità imperiale. La memoria di Commodo fu segnata di eterna infamia; risonarono in ogni parte del tempio i nomi di tiranno, di gladiatore, di pubblico nemico. I Senatori tumultuariamente decretarono, che ne fossero aboliti gli onori, cancellati i titoli da' pubblici monumenti, rovesciate lo statue, e strascinato il corpo con un uncino nella sala dei gladiatori, per saziare il furor del popolo; ed espressero la loro indignazione contro quei servi officiosi, che avevano giù ardito di sottrarne il cadavere alla giustizia del Senato. Ma Pertinace gli fe' rendere gli ultimi onori che non potè ricusare alla memoria di Marco Aurelio, e al pianto di Claudio Pompeiano primo suo protettore, il quale deplorava la crudel sorte del suo cognato, e più deplorava i delitti pei quali egli l'avea meritata(327). Questi sforzi d'inutil rabbia contro un Imperatore già morto, che fu l'oggetto, mentre visse, della più vile adulazione del Senato, mostravano uno spirito di vendetta più giusta che generosa. La legittimità di questi decreti era per altro appoggiata ai principj della costituzione imperiale. In ogni tempo il Senato romano ebbe l'incontrastabil diritto di censurare, o deporre, o punir con la morte il primo Magistrato della Repubblica, qualora avesse abusato dell'autorità confidatagli(328); ma quella debole adunanza era costretta a contentarsi di esercitare sopra un tiranno di già caduto quella pubblica giustizia, dalla quale, durante la sua vita ed il suo regno, lo avea messo al coperto il formidabil potere di un militar dispotismo.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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