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      Ma nel tempo stesso condannò altri quarantuno(395) Senatori, dei quali la Storia ci ha trasmesso i nomi: le vedove, i figli ed anche i clienti loro soggiacquero allo stesso supplizio, ed i più nobili provinciali della Spagna e della Gallia caddero involti nella stessa rovina. Una così rigida giustizia, (giacchè così la chiamava) era nell'opinione di Severo la sola condotta valevole ad assicurare la pace al popolo, o al Principe la stabilità; e leggermente si piegava a lamentarsi che per poter essere clemente, gli convenisse prima esser crudele(396).
      Il vero interesse di un Monarca assoluto in generale coincide con quel de' suoi sudditi. Il loro numero, l'opulenza, l'ordine e la sicurezza loro sono i soli, e i più saldi fondamenti della sua vera grandezza; e quando ei fosse totalmente privo di virtù, potrebbe, anzi dovrebbe la prudenza, invece di lei, dettargli le stesse regole di condotta. Severo considerava l'Impero romano come suo patrimonio, e quando se n'ebbe assicurato il possesso, rivolse ogni sua cura a coltivare e migliorare un acquisto così prezioso. Leggi salutevoli, inviolabilmente eseguite, corressero ben presto la maggior parte degli abusi, che dalla morte di Marco Aurelio in poi si erano introdotti in ogni parte del Governo. Nell'amministrazione della giustizia l'attenzione, il discernimento e l'imparzialità dettavano all'Imperatore le sentenze; e qualora deviò dal rigoroso sentiero della giustizia, fu generalmente per favorire i miseri e gli oppressi; non tanto, a dir vero, per sentimento di umanità, quanto per la naturale inclinazione di un despota ad umiliare la superbia dei grandi, ed a ridurre tutti i sudditi allo stesso comun livello di dipendenza assoluta.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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