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      Ma queste non erano le massime di governo prese a seguire da Caracalla, e dal preteso suo figlio. Le province si ritrovarono aggravate, ad un tempo stesso, dai nuovi e dagli antichi tributi. Era riservato al virtuoso Alessandro di sollevarle in gran parte da questa intollerabile oppressione, riducendo i tributi alla trentesima parte di quello ch'erano al suo avvenimento(524). È impossibile di congetturare per qual motivo egli lasciasse sussistere quel piccolo residuo della pubblica calamità. Questa pianta fatale, non affatto sradicata, tornò a germogliare sempre più vigorosa, e nei secoli successivi stese la sua ombra mortifera sopra tutto il Mondo romano. Nel corso di questa storia saremo bene spesso obbligati a far menzione della tassa sopra i terreni e sopra le teste, e delle gravose contribuzioni di grano, di vino, d'olio e di carni, che si esigevano dalle province per l'uso della Corte, dell'esercito e della capitale.
      Finchè Roma e l'Italia furono considerate come il centro del Governo, gli antichi cittadini conservarono uno spirito nazionale, che i nuovi insensibilmente adottarono. Le principali cariche dell'esercito erano occupate da uomini di una educazione liberale, che ben conoscevano i vantaggi delle leggi e delle lettere, e si erano avanzati con passi eguali nella regolare carriera degli onori civili e militari(525). Alla loro influenza, al loro esempio si può in qualche parte attribuire la modesta obbedienza delle legioni nei due primi secoli dell'istoria imperiale.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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