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      Queste valorose truppe devastarono le province adiacenti, e con diversi felici combattimenti contro Artaserse diedero un debole colore alla vanità del Monarca romano. Ma la ritirata di questo esercito vittorioso fu imprudente, o almeno infelice. Ripassando i monti, un gran numero di soldati perì per la difficoltà delle strade, e pel rigore del verno. Era stato risoluto, che mentre questi due numerosi distaccamenti penetravano negli opposti confini dell'Impero persiano, il grosso dell'esercito, sotto il comando di Alessandro medesimo, sostenesse i loro assalti facendo un'invasione nel centro del Regno. Ma l'inesperto giovane, sedotto dai consigli della madre, e forse dai suoi timori, abbandonò quei coraggiosi soldati, e il bel prospetto della vittoria; e dopo aver consumato nella Mesopotamia un'estate in un ozio inglorioso, ricondusse ad Antiochia un'armata diminuita dalle malattie, ed irritata dal cattivo successo. La condotta di Artaserse era stata ben differente. Correndo rapidamente dai monti della Media alle paludi dell'Eufrate, si era da per tutto opposto in persona agl'invasori; e nell'una e nell'altra fortuna aveva unito alla più saggia condotta a la più intrepida risolutezza. Ma in diversi ostinati conflitti contro le legioni veterane di Roma, il Monarca persiano avea perduto il fiore delle sue truppe. Le sue vittorie medesime ne avevano indebolite le forze. In vano si presentarono alla sua ambizione le favorevoli occasioni dell'assenza di Alessandro, e della confusione, che succedè alla morte di quell'Imperatore.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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