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      Combattevano gli Alemanni specialmente a cavallo; ma la cavalleria loro era ancora più formidabile per un miscuglio d'infanteria leggiera, scelta tra i giovani più coraggiosi ed attivi, assuefatti dal frequente esercizio ad accompagnare i cavalieri nella più lunga marcia, nel più furioso assalto, o nella più precipitosa ritirata(817).
      Erano quei bellicosi Germani rimasti attoniti dagli immensi preparativi di Alessandro Severo, e furono atterriti dalle armi del suo successore, barbaro eguale ad essi in valore ed in fierezza. Ma sempre scorrendo per le frontiere dell'Impero, accrebbero il generale disordine, che seguitò la morte di Decio. Crudeli ferite essi impressero nelle ricche province della Gallia, e furono i primi a squarciare il velo, che copriva la debole maestà dell'Italia. Un numeroso corpo di Alemanni passò il Danubio, e per le alpi Rezie penetrò nelle pianure della Lombardia, si avanzò fino a Ravenna, e spiegò le vittoriose insegne dei Barbari, quasi al cospetto di Roma(818). L'insulto e il pericolo riaccesero nel Senato qualche scintilla della sua antica virtù. Erano ambi gl'Imperatori impegnati in guerre molto lontano, Valeriano nell'Oriente, e Gallieno sul Reno. Non aveano i Romani altro scampo ed altre speranze che in se stessi. In tale urgenza presero i Senatori la difesa della Repubblica, condussero fuori i Pretoriani, ch'erano stati lasciati per guarnigione nella Capitale, e ne compirono il numero, arrolando al pubblico servizio i più robusti e volonterosi plebei.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Primo
di Edoardo Gibbon
pagine 475

   





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