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      Sopra tutto fate ch'ei non sospetti ch'io sono informato della sua imprudenza. Il timor del mio sdegno potrebbe indurlo a disperate risoluzioni"5. I doni che accompagnavano questa umile lettera, colla quale il Monarca, procurava di riconciliare a sè il malcontento suo suddito, consistevano in una considerabil somma di danaro, in abiti magnifici ed in un ricco vasellame d'oro e d'argento. Con tali arti Gallieno addolcì lo sdegno, e dissipò i timori del suo illirico Generale; ed in tutto il rimanente di quel regno fu la formidabile spada di Claudio sempre sguainata per la causa di un Sovrano da lui disprezzato. Vero è, ch'egli ricevè finalmente dai congiurati l'insanguinata porpora di Gallieno; ma egli era stato lontano dal loro campo e dai loro consigli; e benchè forse lodasse il fatto, possiamo francamente presumere, ch'egli non fosse reo di alcuna antecedente notizia6. Quando Claudio salì sul trono, era quasi nell'età di cinquantaquattr'anni.
      L'assedio di Milano fu tuttavia continuato, ed Aureolo presto si avvide, che i suoi artifizj non avevano avuto altro successo che di suscitargli un più risoluto avversario. Tentò egli di aprire con Claudio un trattato di alleanza e di divisione. "Ditegli" (replicò l'intrepido Imperatore) "che se tali proposizioni fossero state fatte a Gallieno, egli forse le avrebbe pazientemente ascoltate, ed avrebbe accettato un collega disprezzabile al pari di lui7." Questo duro rifiuto, ed un ultimo infelice sforzo obbligarono Aureole a rendersi con la città alla discrezione del vincitore.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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