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      È per altro verosimile, che la precauzione di Aureliano, il quale aveva ritenuto come ostaggi i figli e le figlie dei Gotici condottieri, contribuisse in qualche parte a questa pacifica disposizione. Egli educò i giovani all'esercizio dell'armi, e vicino alla sua propria persona; alle donzelle diede una liberale e romana educazione, e concedendole in matrimonio ad alcuni dei suoi principali Uffiziali, strinse a poco a poco le due nazioni coi più tenaci e cari legami21.
      Ma la più importante condizione della pace fu piuttosto supposta che espressa nel trattato. Ritirò Aureliano le forze Romane dalla Dacia, e tacitamente abbandonò quella gran Provincia ai Goti ed ai Vandali22. Il suo maschio discernimento gli fe' conoscere i vantaggi reali, e gl'insegnò a disprezzare il disonore apparente del ristringere in tal guisa le frontiere della Monarchia. I sudditi Daci, rimossi da quelle terre lontane, ch'essi non sapean nè coltivar nè difendere, aggiunsero forza e popolazione alla parte meridionale del Danubio. Un fertile territorio, cangiato in deserto dalle replicate scorrerie dei Barbari, fu ceduto alla loro industria; ed una nuova provincia della Dacia conservò sempre la memoria delle conquiste di Traiano. Nella Dacia antica, per altro, rimase un considerabil numero di abitatori, ai quali più che un Goto Sovrano fece orrore l'esilio23. Questi degenerati Romani continuarono ad essere utili all'Impero, introducendo tra i lor vincitori le prime idee dell'agricoltura, le arti utili, ed i comodi della vita civile.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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