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      Agli altri, che ricusarono la pace, fece il Romano Imperatore in persona con buon successo la guerra. Secondato da un esercito di valorosi ed esperti veterani, ei liberò in poche settimane le Province dell'Asia dal terrore della invasion degli Sciti113.
      [A.D. 276]Ma la gloria e la vita di Tacito furono di poca durata. Trasportato nel colmo del verno dalla dolce solitudine della Campania ai piedi del monte Caucaso, fu egli oppresso dagl'insoliti travagli di una vita militare. Le cure dell'animo aggravarono le fatiche del corpo. L'entusiasmo della pubblica virtù avea per un tempo sedate le feroci ed interessate passioni dei soldati. Scoppiarono queste ben presto con raddoppiata violenza, ed infuriarono nel campo e nella tenda perfino del vecchio Imperatore. Il suo dolce e moderato carattere non serviva che ad inspirare disprezzo, ed egli era continuamente tormentato dalle fazioni, che sedar non poteva, e da richieste impossibili a soddisfarsi. Non ostanti le lusinghiere speranze che Tacito avea concepite di rimediare ai pubblici disordini, egli fu presto convinto, che la sfrenatezza dell'esercito deprezzava il debol ritegno delle leggi; e il dolore di veder volti in male i suoi disegni, unito all'altre angustie, affrettò gli ultimi suoi momenti. Si dubita se i soldati imbrattassero le loro mani nel sangue di questo innocente Principe114; ma è certo però, che la loro insolenza cagionò la morte di lui. Egli spirò a Tiana nella Cappadocia, dopo un regno di soli sei mesi e quasi venti giorni115.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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