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      La vittoria di Diocleziano fu riguardevole per la sua singolare dolcezza. Un popolo avvezzo ad applaudire alla clemenza del vincitore, quando i soliti castighi di morte, di esilio, e di confiscazione venivano inflitti con qualche grado di moderatezza e di equità, vide col più gradito stupore una guerra civile, le cui fiamme rimasero estinte nel campo della battaglia. Diocleziano ammise alla sua confidenza Aristobolo, principal ministro della famiglia di Caro, rispettò le vite, i beni, e le dignità dei suoi nemici, e conservò pur anche nei loro respettivi posti la maggior parte delle creature di Carino210. Non è improbabile che motivi di prudenza avvalorassero l'umanità dell'artificioso Dalmatino; molte di quelle creature aveano comprato il favore di lui con segreti tradimenti, e nell'altre egli pregiò la grata lor fedeltà per un infelice Sovrano. Il giudizioso discernimento di Aureliano, di Probo, e di Caro avea collocati nei vari dipartimenti dello Stato e dell'esercito Uffiziali di un merito riconosciuto, l'allontanamento dei quali avrebbe nociuto al pubblico servigio, senza giovare all'interesse del successore. Tal condotta, per altro, presentava al Mondo Romano la più bella apparenza del nuovo Regno e l'Imperatore affettò di confermare questa favorevole prevenzione, dichiarandosi che tra tutte le virtù dei suoi predecessori, l'umana filosofia di Marco Antonino era quella che egli più ambiva d'imitare211.
      La prima azione considerabile del suo Regno sembrò una prova evidente della sua sincerità e moderazione.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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