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      Il primo governava colla superstizione, il secondo colle armi, ma il terzo ed ultimo non aveva influenza o parte veruna nei pubblici loro consigli. Era naturalissimo che i plebei, oppressi dai debiti, o paventando le ingiurie, implorassero la protezione di qualche potente Capo, il quale acquistasse sopra le loro persone ed il lor patrimonio quei medesimi assoluti diritti, che tra i Greci e i Romani un padrone esercitava su i propri schiavi224. Fu a poco a poco la maggior parte della nazione ridotta allo stato di servitù, astretta alla perpetua coltivazione dei terreni appartenenti ai nobili Galli, e addetta al suolo o col peso reale delle catene, o col non meno crudele e possente vincolo delle leggi. Durante la lunga serie delle turbolenze, che agitarono la Gallia, dal Regno di Gallieno a quello di Diocleziano, la condizione di questi servili contadini fu in ispecial modo meschina, e soffrirono ad un tempo stesso la complicata tirannia dei loro padroni, dei Barbari, dei soldati, e dei ministri dell'entrate225.
      Cangiossi finalmente la sofferenza loro in disperazione. Si sollevarono essi a turme per ogni parte, armati di rustici strumenti con irresistibil furore. Divenne l'agricoltore soldato a piedi, montò a cavallo il pastore, i deserti villaggi, e le aperte indifese città furono abbandonate alle fiamme, e le devastazioni dei contadini eguagliarono quelle dei Barbari più feroci226. Sostenevano essi i naturali diritti degli uomini, ma li sostenevan per altro colla più selvaggia crudeltà. I nobili Galli, giustamente paventando la loro vendetta, si ricovrarono nelle città fortificate, o fuggirono dalla feroce scena dell'anarchia.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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