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      Dopo un assedio di otto mesi, Alessandria, devastata dal ferro e dal fuoco, implorò la clemenza del vincitore; ma ne provò tutta la severità. Molte migliaia di cittadini perirono in una confusa strage, e pochi colpevoli vi furono nell'Egitto, che evitassero la sentenza di morte o almeno di esilio250. Fu il fato di Busiri e di Copto più lacrimevole ancora di quel d'Alessandria. Quelle superbe città, la prima illustre per la sua antichità, la seconda arricchita dal passaggio del commercio dell'India, furono affatto distrutte dalle armi e dai severi ordini di Diocleziano251. Il solo carattere della nazione Egiziana, insensibile alla dolcezza, ma suscettivo di timore oltremodo, potea giustificare questo rigore eccessivo. Aveano sovente le sedizioni di Alessandria messa in pericolo la tranquillità e la sussistenza di Roma medesima. Dalla usurpazione di Fermo in poi, la Provincia dell'Egitto superiore, ricadendo sempre in nuove ribellioni, avea abbracciata l'alleanza dei selvaggi dell'Etiopia. Era poco considerabile il numero dei Blemmi, sparsi tra l'Isola di Meroe od il Mar Rosso: non guerriere erano le loro inclinazioni; e rozze, e non offensive le armi252. Pure nelle pubbliche turbolenze quei Barbari, che l'antichità per la deforme loro figura avea esclusi dalla specie umana, presunsero di entrare nel numero dei nemici di Roma253. Tali erano stati gl'indegni alleati degli Egiziani; e mentre era l'attenzione dello Stato rivolta a guerre più serie, avrebbero le inquiete loro incursioni potuto di nuovo turbare il riposo della Provincia.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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