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      Narsete ristabilì ben tosto la sua autorità nella ribellata Provincia, ed altamente lagnandosi della protezione largita dai Romani ai ribelli ed ai fuggitivi, aspirò alla conquista dell'Oriente268.
      Nè la prudenza nè l'onore permettevano agli Imperatori di abbandonare la causa del Re dell'Armenia e fu risoluto di mostrare la forza dell'Impero nella guerra Persiana. Diocleziano con quella ferma dignità, che egli costantemente assumeva, piantò la sua sede in Antiochia, donde preparava o dirigeva le militari operazioni269. Fu il comando delle legioni affidato all'intrepido valore di Galerio, il quale per quell'importante disegno fu richiamato dalle rive del Danubio a quelle dell'Eufrate. S'incontrarono ben tosto gli eserciti nelle pianure della Mesopotamia, e due battaglie seguirono con vario e dubbio successo, ma più decisivo fu il terzo combattimento; e l'esercito Romano ebbe un'intera disfatta, attribuita alla temerità di Galerio, che con un piccolo corpo di truppe assalì l'innumerabile esercito dei Persiani270. Ma la considerazione del paese, che fu il teatro di questa azione, può suggerirci un'altra ragione della sconfitta di lui. Il terreno stesso, nel quale fu vinto Galerio, era divenuto fumoso per la morte di Crasso e per la strage di dieci legioni. Era questo una pianura di più di sessanta miglia, che si stendeva dai monti di Carre all'Eufrate; un raso, sterile ed arenoso deserto, senza una collina, senza un albero, o senza una sorgente di acqua dolce271. La grave infanteria dei Romani, oppressa dal caldo e dalla sete, non potea sperar la vittoria mantenendosi in ordinanza, nè disunirsi senza esporsi al più imminente pericolo.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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