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      Quando un suddito veniva finalmente ammesso all'Imperial presenza, era obbligato, qualunque fosse la sua condizione, al prostrarsi al suol, e di adorare, secondo il costume orientale, la divinità del suo Signore e Padrone309. Diocleziano era un uomo sensato, che nel corso di una vita e privata e pubblica avea concepito il giusto valore e di se stesso e del genere umano: e non è facile l'immaginare, che nel sostituire i costumi della Persia a quelli di Roma egli fosse seriamente animato da così basso principio, quale è quello della vanità. Egli si lusingò, che una ostentazione di splendore e di lusso soggiogherebbe l'immaginazione della moltitudine; che il Monarca sarebbe meno esposto alla rozza licenza dei popolo e dei soldati, a misura che la sua persona fosse meno esposta alla pubblica vista; e che le abitudini di sommissione insensibilmente produrrebbero sentimenti di venerazione. L'alterigia usata da Diocleziano era, egualmente che l'affettata modestia di Augusto, una teatrale rappresentazione; ma si dee confessare, che delle due commedie, la seconda era di un carattere molto più nobile e generoso della prima. La mira dell'uno era di nascondere l'infinito potere che aveano gl'Imperatori sul mondo Romano: l'oggetto dell'altro era di farne pompa.
      L'ostentazione era il primo principio del nuovo sistema istituito da Diocleziano; e la divisione, il secondo. Egli divise l'Impero, le Province, ed ogni ramo della civile, e della militar amministrazione. Egli moltiplicò le ruote della macchina del Governo e ne rendè meno rapide ma più sicure le operazioni.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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