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      La giudiziosa ritirata di Licinio salvò il resto delle sue truppe da una totale disfatta; ma quando egli vide la sua perdita, che ascendeva a più di ventimila uomini, non credè sicuro di passar la notte a fronte di un attivo e vittorioso nemico. Abbandonato il campo ed i magazzini, marciò con diligenza e segretamente alla testa della maggior parte della sua cavalleria, e fu presto liberato dal pericolo di essere inseguito. La sua diligenza salvò la sua moglie, il suo figliuolo, ed i tesori che aveva depositati A Sirmio. Licinio passò per quella città, e, rotto il ponto sul Savo, si affrettò a raccogliere un nuovo esercito nella Dacia e nella Tracia. Nell'atto della sua fuga, diede il titolo precario di Cesare a Valente, suo Generale nella frontiera dell'Illirico419.
      Il piano di Mardia nella Tracia fu il teatro di una seconda battaglia, non meno ostinata e sanguinosa della prima. Le truppe mostrarono da ambe le parti l'istesso valore e la stessa disciplina; ed anche questa volta fu decisa la vittoria dalla superiore abilità di Costantino, che diresse un corpo di cinquemila uomini ad occupare un'altezza vantaggiosa, da cui mentre più ardeva l'azione attaccarono la retroguardia del nemico, e ne fecero considerabile strage. Ciò nonostante le truppe di Licinio, presentando la fronte in due luoghi, mantennero sempre il lor posto, finchè l'approssimarsi della notte pose fine al combattimento, ed assicurò la lor ritirata verso i monti della Macedonia420. La perdita di due battaglie e de' suoi più valorosi veterani ridusse il fiero spirito di Licinio a domandar la pace.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Secondo
di Edoardo Gibbon
pagine 377

   





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