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      Tutto il corpo de' Cristiani di comune accordo ricusava di aver alcun commercio con gli Dei di Roma, dell'Impero e dell'uman genere. Invano l'oppresso credente reclamava i diritti non alienabili della coscienza e del giudizio privato. Quantunque la sua situazione potesse risvegliar la pietā, i suoi argomenti non potevano mai convincere l'intelletto nč della filosofica nč della credula parte del Mondo Pagano. Argomento era di stupore per essi che uno dovesse avere scrupolo di adattarsi alla maniera di culto giā stabilita, non meno che sarebbe stato se uno concepito avesse subitaneo abborrimento ai costumi, al modo di vestire, od al linguaggio del proprio paese(8).
      Alla sorpresa de' Pagani successe ben presto lo sdegno; e gli uomini pių pii furono esposti all'ingiusta, ma pericolosa imputazione d'empietā. La malizia ed il pregiudizio si univano a rappresentare i Cristiani come una societā di atei, che avendo audacissimamente attaccato le religiose costituzioni dell'Impero, meritato avevano i pių severi castighi de' magistrati civili. Nella confessione, che facevano di loro fede, gloriavansi di essersi liberati da qualunque sorta di superstizione ricevuta in qualsivoglia parte del globo dal vario genio del Politeismo; non era perō ugualmente chiaro qual divinitā, o quale specie di culto sostituito avessero agli Dei ed a' tempj dell'antichitā. La pura e sublime idea, ch'essi avevano dell'Ente supremo, sfuggiva dal grossolano concepimento del volgo Pagano, che non sapeva immaginare un Dio spirituale e solitario, il quale non si rappresentava sotto alcuna figura corporea o segno visibile, nč si adorava con la solita pompa di libazioni e di feste, di altari e di sacrifizi(9). I Sapienti della Grecia e di Roma, che innalzato avevano le loro menti alla contemplazione dell'esistenza e degli attributi della prima Causa, per ragione o per vanitā eran portati a riservare a se stessi o a' loro scelti discepoli il privilegio di questa filosofica devozione(10). Essi erano ben lontani dall'ammettere i pregiudizi dell'uman genere, come il contrassegno della veritā, ma gli consideravano come provenienti dall'original disposizione della natura umana: e supponevano che qualunque popolar forma di fede e di culto, in cui si fosse preteso di non far uso dell'aiuto de' sensi, a misura che allontanata si fosse dalla superstizione, sarebbesi trovata incapace di raffrenare i voli della fantasia, o le visioni del fanatismo.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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