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      Non è improbabile che alcune di quelle persone, ch'erano elevate alle dignità dell'Impero, potessero essersi imbevute dei pregiudizi della plebe, e che la disposizione, che altre avevano alla crudeltà, potesse venire accidentalmente stimolata da motivi di avarizia, o di sdegno personale(66). Ma egli è certo, e possiamo appellarcene alle confessioni di riconoscenza de' primi Cristiani, che que' Magistrati, i quali esercitavano l'autorità dell'Imperatore o del Senato nelle Province, ed alle cui mani era unicamente affidata la potestà della vita e della morte, per lo più erano uomini culti e d'ingenua educazione, che rispettavano le regole della giustizia, ed avevan famigliari i precetti della Filosofia. Spesso evitavano l'odioso uffizio di persecutori, trascuravano le accuse con disprezzo, e suggerivano agli accusati Cristiani qualche legal sotterfugio, per mezzo di cui potessero eludere la severità delle leggi(67). Ogni volta ch'erano investiti di un potere non limitato(68), se ne servivano molto meno per l'oppressione, che pel sollievo e pel favore dell'afflitta Chiesa. Essi erano ben lontani dal condannar tutti i Cristiani, che venivano accusati a' lor tribunali, e dal punir colla morte tutti coloro, ch'eran convinti di un ostinato attaccamento alla nuova superstizione. Contendandosi per ordinario delle pene più miti della carcere, dell'esilio, della condanna a' lavori delle miniere(69), lasciavano alle infelici vittime di lor giustizia qualche ragione di sperare, che un prospero evento, l'avvenimento al trono, il matrimonio, o il trionfo d'un Imperatore, potesse in breve, mediante un generai perdono, restituirli al primiero lor grado.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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