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      Le pił devote donne ambivano che fosse loro permesso d'imprimer baci su' ferri ch'essi avevan portato, e sulle ferite che avevano ricevuto. Le lor persone si stimavano sante; se ne ricevevan con rispetto le decisioni; ed essi troppo spesso abusavano, col loro spirituale orgoglio e colle licenziose maniere, della preminenza, che lo zelo e l'intrepidezza avevano loro acquistato(92). Distinzioni di questa sorta, nel tempo che rappresentano la grand'esaltazione del merito, mostrano il picciol numero di quelli che soffrirono patimenti, o la morte per la professione del Cristianesimo.
      La sobria discrezione de' nostri tempi sarebbe pił portata a censurar che ad ammirare, e potrebbe anche pił facilmente ammirar che imitare il favore de' primi Cristiani, i quali, secondo la viva espressione di Sulpicio Severo, desideravano il martirio con maggiore ansietą di quel che i suoi contemporanei sollecitassero un Vescovato(93). L'epistole scritte da Ignazio, quando egli era condotto in catene per le cittą dell'Asia, spirano i sentimenti pił ripugnanti alla comune inclinazione della natura dell'uomo. Vivamente egli prega i Romani, che quando sarą esposto nell'Anfiteatro, non vogliano con le lor tenere ma inopportune intercessioni privarlo della corona della gloria, e si dichiara risoluto di voler provocare ed irritar le bestie feroci, che verrebbero impiegate come istrumenti della sua morte(94). Si raccontano alcune storie del coraggio di Martiri, che effettivamente fecero quel che Ignazio s'era proposto: che inasprirono il furor de' Leoni, sollecitaron l'esecutore ad affrettare il suo uffizio, allegramente saltaron nel fuoco preparato per consumarli, e dimostrarono un senso di gioia e di piacere nel mezzo de' pił squisiti tormenti.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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