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      La crudeltà e la superstizione erano le passioni dominanti l'animo di Massimino: la prima gli suggeriva i mezzi, la seconda gli additava gli oggetti della persecuzione. L'Imperatore era tutto portato al culto degli Dei, allo studio della magia, ed a prestar fede agli oracoli. I Profeti o i Filosofi, ch'egli rispettava come favoriti del Cielo, venivano spesso innalzati al governo delle Province, ed ammessi a' suoi più segreti consigli. Questi facilmente lo persuasero, che i Cristiani andavano debitori delle loro vittorie alla regolar disciplina con cui vivevano, e che la debolezza del Politeismo era nata principalmente dalla mancanza d'unione e di obbedienza fra' Ministri della religione. Fu dunque instituito un sistema di governo, che era evidentemente copiato da quello della Chiesa. In tutte le maggiori città dell'Impero vennero i tempj risarciti ed adornati per ordine di Massimino, ed i Sacerdoti destinati al culto delle varie Divinità furono sottoposti all'autorità di un Pontefice superiore, che si volle opporre al Vescovo, affinchè promuovesse la causa del Paganesimo. Questi Pontefici poi riconoscevano ancor essi la suprema giurisdizione de' Metropolitani, o sommi Sacerdoti delle Province, che agivano come immediati Vicarj dell'Imperatore medesimo. Una veste bianca era l'insegna della lor dignità, e questi nuovi Prelati furono diligentemente presi dalle più nobili ed opulente famiglie. Per le insinuazioni de' Magistrati e dell'Ordine sacerdotale si fece un gran numero di ossequiose rappresentanze, particolarmente dalle città di Nicomedia, di Antiochia e di Tiro, che artificiosamente esponevano le ben note intenzioni della Corte, come i sentimenti generali del popolo; eccitavano l'Imperatore a consultar le leggi della giustizia piuttosto che i dettami della sua clemenza; esprimevano l'abborrimento che avevano a' Cristiani, ed umilmente supplicavano, che quegli empi settarj fossero finalmente esclusi da' limiti de' lor territorj.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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