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      Se Iddio poi abbia o non abbia voluto alcune volte sospendere le leggi della natura, ella è una questione di fatto, circa la quale il Signor David Hume pubblicò qualche sofisma, che non potè oscurare la luce di questa semplicissima verità, che i fatti si provano per via di testimonianze.
      La fede dei Cristiani vien qui derisa come credulità: e si riflette che questo era il principale e forse l'unico merito, che si richiedeva dal Cristiano. S. Paolo al contrario diceva ai Fedeli: sia ragionevole l'ossequio della vostra fede; ed altrove s'inculca, che si provi rigorosamente lo spirito. La fede, che tanto si esaltava, era l'operazione della Grazia sull'intelletto: questa è una delle virtù teologali, e non la principale; giacchè la Scrittura dà la preminenza alla carità: major harum charitas; ed insegna, che la fede senza l'opere è morta.
      Nè solamente secondo i Dottori rigorosi, ma ancora secondo il dogma della Chiesa universale, le opere degl'Infedeli, le quali possono esser buone quanto alla pura sostanza, non conducono alla giustificazione. E quando si ponga mente, che il fine della beatitudine è sovrannaturale, si cesserà di maravigliarsi, come opere fatte colle pure forze della natura non vi abbiano rapporto.
      Abbiamo fatta un'ampia e diretta apologia della verità de' miracoli, quando ci aspettavamo(191) di sentire, come i falsi miracoli giovavano naturalmente a convertire gl'Infedeli.
     
      Quarta Conclusione che dee provare l'Autore. Le virtù dei primi Cristiani furono una delle cagioni naturali dello stabilimento e de' progressi del Cristianesimo.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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