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      L'Imperatore passò il Danubio sopra un ponte di barche, tagliò a pezzi tutti quelli che incontrava in cammino, penetrò nel cuor del paese de' Quadi, e vendicò con rigore le calamità, ch'essi avevano cagionato alle Province Romane. Gli sbigottiti Barbari furon tosto ridotti a chieder la pace; offerirono di restituire i di lui sudditi prigionieri in emenda del passato, ed i più nobili ostaggi per pegno della futura loro condotta. La generosa cortesia, dimostrata al primo de' lor capitani che implorò la clemenza di Costanzo, incoraggiò i più timidi ed ostinati ad imitarne l'esempio; ed il campo Imperiale si trovò pieno di Principi e d'Ambasciatori delle più lontane Tribù, che occupavano le pianure della bassa Polonia, e che si potevan creder sicure dentro l'alta cima de' monti Carpazi. Mentre Costanzo dava la legge ai Barbari di là dal Danubio, egli distinse con speciosa compassione gli esuli Sarmati, ch'erano stati espulsi dal paese nativo per la ribellione de' loro schiavi, e che facevano un aumento molto considerabile alla potenza de' Quadi. L'Imperatore, adottando un generoso, ma insieme artificiale sistema di politica, liberò i Sarmati da' vincoli di tal umiliante dipendenza, e mediante un trattato a parte restituì loro la dignità d'una nazione, unita sotto il governo d'un Re amico ed alleato della Repubblica. Dichiarossi egli risoluto di sostenere la giustizia della lor causa e di assicurar la pace delle Province coll'estirpazione(542), o almeno coll'espulsione de' Limiganti, i costumi de' quali eran tuttora infettati da' vizi della servile lor nascita.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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