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      L'esecuzione di questo disegno fu accompagnata più da difficoltà che da gloria. Il territorio de' Limiganti era difeso contro i Romani dal Danubio, contro i nemici Barbari dal Tibisco. Le terre paludose, ch'eran fra questi due fiumi, spesso coperte dalle inondazioni di essi, formavano un intricato deserto, praticabile solo dagli abitanti, che ne sapevano i segreti sentieri e le inaccessibili rocche. All'avvicinarsi di Costanzo, i Limiganti tentarono l'efficacia delle preghiere, della frode e delle armi; ma egli rigettò con vigore le loro suppliche, fece svanire i rozzi loro stratagemmi, e rispinse con arte e fermezza gli sforzi del loro sregolato valore. Una delle lor più guerriere Tribù, stabilita in una piccola isola verso l'unione del Tibisco col Danubio, s'avventurò di passare il fiume con intenzione di sorprendere l'Imperatore, durante la sicurezza di un amichevole conferenza. Ma presto divenne la vittima della perfidia che meditava. Circondati da ogni lato, calpestati dalla cavalleria, e tagliati a pezzi dalle spade delle legioni, sdegnarono di chieder mercede, e con indomita ostinazione anche fra le agonie della morte afferravano le armi. Dopo questa vittoria un corpo considerabile di Romani sbarcò sulle sponde opposte del Danubio; i Taifali, Tribù di Goti impegnata al servizio dell'Impero, invasero i Limiganti dalla parte del Tibisco; ed i Sarmati liberi, loro antichi padroni, animati dalla speranza e dalla vendetta, penetrarono pel montuoso paese nel cuore de' loro antichi stati.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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