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      Ma svanirono le speranze di quella campagna per l'incapacità o per la invidia o per le segrete istruzioni di Barbazio, il quale si diportò come se fosse stato nemico di Cesare, e segreto alleato de' Barbari. La negligenza, con cui lasciò liberamente passare e tornare indietro una truppa di saccheggiatori, quasi avanti alle porte del suo campo, gli si può attribuire a mancanza d'abilità; ma il perfido atto di bruciare una quantità di barche e di provvisioni superflue, che sarebbero state del più rilevante vantaggio all'esercito della Gallia, fu una prova delle sue ree ed ostili intenzioni. I Germani disprezzarono un nemico, che pareva mancante di forze o d'inclinazione ad offenderli; e l'ignominiosa ritirata di Barbazio privò Giuliano dell'aspettato soccorso, e gli lasciò il pensiero di liberarsi da una pericolosa situazione, in cui non poteva egli nè rimanere con salvezza, nè ritirarsi con onore(568).
      [A. D. 357]Gli Alemanni, appena furon liberati da' timori di un'invasione, si prepararono a castigare il giovane Romano, che pretendeva disputar loro il possesso di quel paese, ch'essi credevano appartenere a se medesimi per diritto di conquista e per li trattati. Consumarono tre giorni e tre notti nel trasferire sul Reno le militari lor forze. Il fiero Cnodomar, scuotendo il pesante suo dardo, che vittoriosamente avea maneggiato contro il fratello di Magnenzio, conduceva la vanguardia de' Barbari, e moderava colla sua esperienza il marziale ardore che il suo esempio inspirava(569). Egli era seguitato da sei altri Re, da dieci Principi di nascita reale, da una lunga serie di coraggiosi nobili, e da trentacinquemila de' più prodi guerrieri delle Tribù della Germania.


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Storia della decadenza e rovina dell'Impero Romano
Volume Terzo
di Edoardo Gibbon
pagine 482

   





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