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      Ero sempre stanco morto, soffrivo il freddo, ero fradicio mezzo quando pioveva, ma mi pareva d'essere meno infelice che per il passato. La speranza di potermi sottrarre mercé il lavoro al giogo della zia, di riunirmi a mio padre, mi sosteneva e mi consolavano pure l'allegria di Bista e le belle domeniche che passavo in mezzo ai suoi.
      In capo a tre mesi sapevo leggere, scarabocchiavo qualche quinterno e baciavo e ribaciavo una lettera che mio padre mi aveva scritto da Genova, nella quale si scusava di avermi lasciato e mi prometteva che ci saremmo riuniti presto.
      Con quella lettera sotto il capezzale mi coricai una sera lieto e fiducioso, ma la mattina dipoi quando andai nella stalla per dare il buon giorno a Benvenuto, provai un dolore intenso trovando il suo posto vuoto. Non andai neppure a cercarlo, tanto ebbi subito la convinzione che la zia aveva voluto togliermi l'unico conforto che avessi.
      Uscii senza fiatare, corsi a nascondermi dietro un castagno e là, piansi a lungo. Capivo che senza il mio ciuchino non avevo più mezzo di guadagnare il necessario per la scuola, capivo che dopo quella cattività della zia non avrei più potuto vivere nella casa di mio padre.
      Calmato un po', andai a casa di Bista e narrai tutto al suo babbo, il quale era commosso udendo quanto avevo sofferto. Gli vedevo spuntare le lagrime sugli occhi, mentre accompagnava il mio racconto con esclamazioni di stupore.
      Mi consigliò a tornare a casa e mi promise che si sarebbe occupato di me. Che in tanto continuassi ad andare a scuola.


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Giornale per i bambini
Antologia
di Autori Vari
Tipografia del Senato
1881-1883 pagine 360

   





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