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      avano a seconda. Mille dure prove, mille disinganni acerbissimi non mi hanno potuto nè mettere in sospetto nè scemare la fiducia nei miei simili altro che a parole, e dopo avere sospirato e fremuto lungamente, ho finito per prendermi anch'io la mia parte della colpa, conoscendomi uomo. Quel poco che ho potuto scrivere m'ha procacciato molti amici, molto favore, molte compiacenze che mi sono state un largo compenso ai dolori della vita, di alcuni dei quali non oso parlare apertamente, e desidero che rimangano sepolti meco. Non faccia inganno a nessuno l'avermi veduto il più delle volte gaio e svagato: e tenete tutti per certo, che spesso mi sono avvolto e quasi inebetito nella folla per paura di starmene solo con me stesso, e perchè si sospendessero le fiere battaglie che si combattevano in me. Qualche volta il dolore mi ha fatto ardito, fiero e loquace oltre il dovere; ma quanto ho compatito, quanto ho dimenticato, quante, oh quante amarezze mi sono ricacciato dentro, per paura di dir troppo, per paura di non esser creduto, per paura di non esser inteso! Ma ho perdonato e perdonato di cuore, perchè così vuole l'animo mio, e perchè chi sa quanti avrò tormentato anch'io o volendo o non volendo. Ho molto da arrossire di me stesso, e prego il Cielo e gli uomini a volermi esser benigni per quel poco di buono che posso aver fatto, e dimenticare generosamente i miei vizi, i miei errori. Io non me ne scuso e non me ne sono scusato mai, come molti fanno, e posso dire d'aver tentato di correggermene colla speranza di potervi riuscire.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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