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      Sii breve, schietto, severo, e domanda di me ai più intimi come ai semplici conoscenti, per raccapezzare il vero ch'io non avrò saputo dirti. Per quanto ne pensino certuni, io non credo che il mio nome debba essere tanto temuto da far segnare col carbone chiunque s'attentasse a rammentarlo; nonostante fai in modo di porti in salvo, stampando fuori d'Italia e lasciando anonimo il libretto.
      » Perdonami se ti do questo carico penoso e scabroso, e non attribuirlo a bramosia di fama, ma, come t'ho detto già due volte, al timore d'essere sfigurato o in bene o in male. L'abuso e il mercato che si fa dai biografi e dagli epigrafai m'ha fatto ribrezzo quando si trattava d'altri, figúrati poi quando si tratta di me! A questo proposito voglio aggiungere una cosa. Forse la morte verrebbe a tempo per provvedere ai miei bisogni. Io da una cert'epoca in qua mi sentiva quasi isterilito, e forse, seguitando a scrivere, sarei andato a scapitare un tanto, sebbene avessi molta carne al fuoco. Se udirai qualche benevolo che dica di me: Oh se avesse vissuto più a lungo, chi sa cosa avrebbe potuto fare! — rispondigli che forse non avrei fatto nulla di più, e che molto prima d'ammalarmi, sentiva o credeva di sentire dei cenni di decadimento. I progetti erano molti, le forze poi chi sa?
      » Se morirò, muoio per un disturbo dal quale non ebbi virtù di difendermi o per debolezza d'animo o per troppa delicatezza di fibra. Già, per il dolore dello zio, io era disposto alla malinconia, quando il sospetto d'idrofobia finì per turbarmi.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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