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      Altrimenti al macello;
      A detta di Caino
      Abele era codino.
      Ma in quel bailamme non si guardava più ai fatti, ma alle parole; non si guardava più all'onestà di un uomo, ma al suo colore, anzi al punto di colore. Più d'una volta mi son trovato a parlare con qualche fanatico di questi Arruffa-popoli. — Il tale, io diceva, è un birbante e non gli va creduto.
      — Perchè?
      — Perchè un birbante.
      — Ma perchè?
      — Ha frecciato mezzo mondo.
      — Non è vero.
      — Ha frecciato anche me!
      — Questo non verte.
      — Come non verte?
      — Ti dico che è uno dei buoni.
      — Buoni!.... ma buoni a che?
      — A salvare la patria, a conquistare la libertà, a cacciar lo straniero.
      — E l'abbiam visto!
      Lettore: quando un birbaccione conosciuto ti viene a sventolare una bandiera nazionale davanti, gridando: Viva l'Italia!... appioppagli una legnata tra capo e collo, anche a rischio di coglier nella bandiera.
      CAPITOLO DECIMOQUARTO.
      MORTE.
      Le pubbliche calamità avendo viepiù aggravato i suoi fisici patimenti, nell'estate del 1849 si recò a Viareggio a respirare l'aria di mare, e ne trasse qualche sollievo. Ma fu di breve durata; chè tornato nel seguente autunno in Firenze, l'assalse una miliare terribile, dalla quale in vero risorse, ma coi germi di una tisi tubercolare che lo condusse al sepolcro. Nulladimeno, quando i suoi patimenti gli davano qualche tregua, continuava a lavorare, e segnatamente intorno al Commento a Dante; e tanto era assorto in questo suo lavoro, che non vi era modo di parlar con lui d'altra cosa che Dante non fosse. Chi lo avesse visitato nel palazzo di Gino Capponi in quegli ultimi giorni della sua vita, era pressochè sicuro di trovarlo nel letto quasi sepolto fra i libri, e colle coperte ingombre tutte d'ogni maniera codici e scartafacci.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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