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      Dal Ponte a Serraglio (uno dei due che ricongiungono le rive del paese) ammiravamo ora l'amenità del sito, ora l'orrore di quella devastazione, quando il nostro buon peripatetico additandoci la casa che serve ad uso di Gabinetto Letterario, e facendoci osservare che ne era sprofondata la strada in modo da renderne impossibile l'accesso, disse con un mezzo sospiro: — Eh! quello è un gran fatto..... ci si vede proprio la mano di Dio. — Fui tanto goffo da interromperlo, domandandogli quello che avrebbe detto di per sè, cioè se credeva che quella rovina fosse un effetto del leggere che si fa in quel casino libri proibiti. Il bigotto lucchese sentì furbamente l'ironia della domanda, e da buonissimo gesuita mi sgattaiolò di sotto, con due o tre di quelle interiezioni tanto espressive nel linguaggio parlato, e tanto insignificanti nella scrittura. — Il mio compagno, che sa d'architettura, di matematiche e che so io, mi dava ad intendere il come e il perchè di quelli sfondi e di quelle rotture, e ogni tanto, guardando con compiacenza a quei banchi di rena, esclamava: Che bella rena! L'avessi un po' a Firenze! Io invece mi divagavo con le belle portatrici di legna che passavano, e facevo (Dio me lo perdoni) un'esclamazione, un voto quasi simile a quello dell'amico.
      Al ritorno si prese un'altra via; quella postale che dai Bagni porta alla capitale dell'Impero di tutte le Lucche. Bellissima via, che per lungo tratto rasenta le acque della Lima, e sulla quale queste perdono il nome nel fiume maggiore, che entra nelle veci di lei a far da compagno al pellegrino che percorre quelle campagne.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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