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      Intanto giungevamo sul ponte, e vedevamo che le ultime arcate dalla parte nostra erano tutte peste e fracellate: pure rabberciate alla meglio, con legature e commettiture di fittoni e di marruche, davano il passo anche alle vetture. Naturalmente si ascese al sommo della grande arcata a tutto sesto, e guardando in giù ci rammentammo d'avere udito, che una donna pazza l'anno passato si precipitò di lassù nel ghiareto del fiume. Sarà rimasta soffocata per aria, dicevamo fra noi, adducendo bene o male la ragione fisica di questa morte aerea, tanto che venisse qualcuno, che ci additasse la così detta buca del Diavolo, che, per quello che sapevamo di prima, doveva esistere a mezzo del ponte e che non vi s'era trovata.
      Avanti che ti dica come si seppe l'istoria di questa buca, è necessario un abbozzo dell'indole di quei villani.
      Il contadino lucchese è industrioso, sofferente della fatica, avvezzo al disagio, parco quanto e forse più dello svizzero, e per lo più povero e oppresso dal sistema colonico del paese. Bacchettone feroce, non rompe la vigilia, ma uccide il fratello; diffidente del forestiere, pure si ammansisce meravigliandosi se lo trova gentile; si piega piuttosto al dispotismo del Prete, che alla legge del Ducato. Nella sua fisonomia, vedi la stupidezza della superstizione, e l'imbarazzo dell'uomo insociale. Gli balenano nei lineamenti le obliquità del frate, e le paure rinascenti della predica dell'inferno. Le membra generalmente robuste, esercitate e quasi infrante alla fatica e allo stento.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Diavolo Prete Ducato