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      Dall'altro canto dice Plutarco: «La facilità e la prestezza nell'operare non mette già nell'opera gravità, e sodezza durevole, nè esatta bellezza; ma il tempo, che insieme colla fatica si spende nella produzione di qualche cosa, contribuisce robustezza alla conservazione della cosa medesima.» Ed io tremo di questa verità, e rammento quello che soleva rispondere Zeusi a quel pittore che si vantava di far presto le opere sue: «Io mi vanto di porvi assai tempo.» Nonostante tutte queste considerazioni, abbiti questo abbozzo, e come tale conservalo in memoria di me. Voglimi bene. Addio.
      9.
      A Giuseppe Montanelli.
      Firenze, 9 settembre 1837.
      Mio caro Beppe.
      Ti scrivo in fretta per dirti qualcosa da parte di Niccolini,qualcosa di mio.
      Principium ab Jove. Niccolini dice, che non t'ha scritto per non avere ancora ricevuto le tue Liriche; vedi di fargliele avere, se in questo frattempo qualcuno non ha eseguito le tue incombenze a suo riguardo. Piacciono a Niccolini i tuoi versi per l'affetto che vi spira, e perchè (sono sue parole) ti sei saputo forbire dalla mania di sataneggiare: non m'ha detto poi quale più, quale meno incontrava la sua approvazione.
      Dopo un gran luminare come questo,
      Parlar di me, parrà una certa cosa....
      Ma perchè l'usignol fa sì bei trilli,
      La bocca si dovran chiudere i grilli?
      Pananti.
      A me pure sono piaciute le cose tue, ma non ti dirò quali specialmente. Quella — Il giovane — mi pare che chiuda molto in poco, e m'è andata a sangue (scusa se a Firenze cruscheggio), perchè anch'io burlando ne ho abbozzata una sullo stesso soggetto.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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