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      Non darò giudizi, perchè non so e non voglio; ti ringrazierò piuttosto d'avermi sollevato, anzi rinfrescato l'animo, con le tue affettuose ispirazioni. La corda dei miti affetti, delle soavi espansioni melanconiche, è tutta tua: tienne di conto in questo tempucciaccio d'arrabbiati o d'Ermolai, ondeggianti o per sistema o per nullità fra la bile e lo scetticismo. L'aristocrazia dei dotti ha gli scrittori greci e latini per refugio; i dottorucci plebei hanno i giornali, le riviste, le miscellanee, le enciclopedie, i dizionari, ove nuotare, per essere ogni giorno o creduli o rinnegati; al mezzo-ceto restano i pochi buoni libri, e la scuola del mondo: — mi rallegro con la tua cittadinanza letteraria.
      Addio, mio caro Beppe: questa tua nuova gloria giovanile mi ravvicina sempre più a te. Accresci di altre fronde la tua corona; io non le darò il mal d'occhio, nè sarò uno dei tanti sacerdoti delle Muse che mantengono su quest'altare italiano, fraternamente, il sacro fuoco dell'invidia. Prendi un abbraccio.
      10.
      A Giuseppe Vaselli.
      Pescia . . . .
      Mio caro Beppe.
      Fortuna per me che tu non sei un Fiorentino incollato alla cupola del Duomo, e molto meno a Borgognissanti; altrimenti chi sa per che razza di villan cornuto mi piglieresti, se ti dicessi che mi pare di essermi riavuto dacchè son tornato qua. Lasciai la tosse a Seravalle e trovai l'appetito lì pronto a ricevermi sulle porte della Valdinievole, e con tanta amorevolezza, che non mi ha ancora lasciato, e pare che non abbia aria di lasciarmi, fino a tanto che me ne starò seduto alla mia tavola e sdraiato nel mio letto.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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