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      Mi tratterrò fino all'anno nuovo accumulando, come siamo soliti far noi giovinotti, salute e quattrini, per poi tornare a sprecare l'una e gli altri nella Capua Toscana.
      Tu sei la stessa gentilezza con me a conto di quelle cosucce che ti mandai, ed io vorrei mostrartene la gratitudine mandandotene altre, ma nè quelle che mi chiedi, nè alcuna delle nuove fatte di fresco sono ancora in grado di mostrare il viso neppure ad un amico discreto come sei tu. Lasciami un altro poco di tempo, tanto più che l'indugio non ti priva di nulla, e poi ti manderò quello che potrò.
      Ho necessità di dare una corsa a Lucca per certe provvisioncelle da donne che voglio fare. Dico da donne, ma debbono servire per me, che ho questa fisima nella testa, di tenere un piede nel mondo letterario, l'altro nel mondo galante, e così stando a cianche larghe non riuscirò buono a nulla nè di qua nè di là. Mi consolo che tutti abbiamo una pazzia, ed io ho questa. Se tu vuoi, un giubbino galante fa l'effetto del turbante in Turchia o del collare a Roma; è cioè un lascia-passare per certe case nelle quali si gode la commedia vivente degli ourangoutang dell'altissimo ceto, e così tante volte il sarto compensa il titolo di marchese o di conte.
      17.
      A Niccolò Tommaseo.
      Caro Sig. Tommaseo.
      La ringrazio de' segni fatti agli Scherzi, e debbo alla premura che ha Gino per me, d'averne avuta copia, e di potermene giovare. I più sono giustissimi, e vedrò di saldare le magagne; di taluni non afferro il significato; di pochi non sarei d'accordo con lei, ma può essere che Ella abbia tanto in mano da potermi persuadere.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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