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      Infelici! Chi dice questo non ha cuore per intenderlo. Suonate un'arpa a chi non ha orecchio conformato a gustare la musica, sbadiglierà; acciottolategli le molle o la padella, troverà in quel frastuono il suo pascolo.
      26.
      A Massimo D'Azeglio.
      Carissimo signor Azeglio.
      Mayer mi dà una buona nuova da parte sua, ed io m'affretto a mostrargliene la mia gratitudine. Avrei dovuto scriverle prima d'ora, e creda che ho voluto farlo mille volte, se non che dovendo quasi di necessità rammentarle quei miei ghiribizzi e ripregarla a dirmi liberamente cosa ne pensavano giudici tanto solenni, dubitando della sentenza, non m'attentava. Accetto ora con animo riconoscente l'incoraggiamento che mi viene da tutti loro, e godo che ella mi tenga superiore alla lode se non quanto vale a rianimare. In tempi ciarlataneschi, nei quali l'amore di sè con maschera ora pia ora superba fa tutte le carte, principiando dagli altissimi consigli di Stato fino alle ultime taverne, Iddio m'ha voluto tagliare in questo modo da sentirmi disposto a ridere più volentieri alle spalle mie che a quelle degli altri, ed è perciò che mi giunge nuova assai più la lode del biasimo: che se persona di fiducia mi dicesse, che scrivendo perdo ranno e sapone, sarei pronto a buttare tranquillamente sul fuoco tutti i fogli imbrattati fin qui, rinunziando anco alla vanagloria di lasciare scritto nelle mie memorie questo tratto d'abnegazione. A dirla a lei, io mi trovo a scrivere, come altri a cantare a orecchio, senza sapere un ette di musica, e qualche volta me ne vergogno dentro di me e vorrei rimediare al tempo perduto; ma la via è lunga ed io risento della malattia peculiare a noi Toscani, sono cioè progettista e chiacchierone la parte mia, ma poltrone soprattutto.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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