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      Cara mia.
      Ho cominciato a scrivere mille volte, e sono rimasto sempre a mezzo punto.
      La mossa della prima lettera era questa:
      Anima benedettaDall'alto Creatore.
      Se mi ricordo di quest'inno, molto più debbo ricordarmi di tutti voi, sebbene non abbia mai scritto a nessuno..... e qui restai sulle secche.
      Dopo qualche giorno ripresi la penna, e mi venne fatto di scrivere in versi di questo gusto:
      Mia cara.... ira,
      La ciccia è cotta e la gola mi tira;
      Vorrei tornare,
      Ma poi non so che pesci mi pigliare.
      A casa ci sto bene,
      Ed è il proverbio che mi ci trattiene
      — Chi sta ben non si mova; —
      Oramai ci farò la Pasqua d'ova.
      Mi son proprio goduto;
      Ho ballato, ho mangiato ed ho bevuto;
      Ho fatto insomma la vita medesimaTanto di Carneval che di Quaresima.
      Ma sul più bello
      (Guardate che corbello!)
      Mi sono innamorato:
      Ho pianto, ho sospirato,
      E, fatto punto col verso ridente,
      MalinconicamenteHo belato in sonetti il mio cordoglio,
      Teneri sull'idea di questo foglio.
      Degl'inutili amanti il patriarca,
      Ser Francesco Petrarca,
      Ci tramandò la sua maledizioneD'amare in versi senza conclusione.
      È pur la bella cosaFare all'amore in prosa!
      Fare i periodi lunghi, e via viaUsar l'ortografia
      Di punti ammirativiE d'interrogativi.
      E della lingua usare i più bei modi,
      E introdurre episodiE virgole e parentesi e appendici.
      In tal guisa noi no, ma i nostri amiciColgono il più bel fiore
      Della vera Rettorica d'Amore.
      Qui mi cascò l'asino, e Domine Iddio sa se avrei voluto seguitare fino a andare a ire.
      Ora si tratta di rifarsi da capo, e non c'è Cristi che ne ritrovi il verso.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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