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      Salimmo con un certo ribrezzo sul terrazzo ove il Maramaldo fini d'uccidere il Ferruccio, e l'animo nostro grato e riconoscente volò a Massimo d'Azeglio, quando leggemmo l'iscrizione che ha fatto porre in uno dei muri esterni della chiesa. In chiesa di notabile vi sono due grandi quadri di Luca della Robbia, i quali sebbene un po' danneggiati, son tali da..... Ma di che ti vo a parlare dopo aver detto del Ferruccio? Da Gavinana a Pescia ci sono ventotto miglia, e per ventotto miglia quelle sante memorie ci accompagnarono, e s'addormentarono con noi sul guanciale di casa.
      Siccome tu sei uno di quelli che quando mi vedi tornare a Firenze, dopo tre o quattro mesi d'assenza, mi dici: «Ma là a Pescia che diavol ci fai?» jeri sera fummo a un ballonzolo in campagna, alla villa d'un certo Notaro: ti dico il vero che mi ci svagai proprio di cuore. Sebbene invitati alla buona e in mezzo di strada, arrivati lassù in carniera di velluto e in scarponi com'eramo, ci fu spalancato un superbo cancello (di legno per ora), e fummo fatti passare per il giardino che è tuttavia nell'infanzia, colpa dei clienti, che dopo aver provvisto per tanti anni alla gola del Dottore, non saranno sei mesi che si sono accorti che il sere aveva anco naso. Dal giardino passammo in una stanza terrena, e di lì, saliti due o tre scalini, nella gran sala del ballo, che in sostanza è la stanza d'ingresso, per chi passa per la porta d'ingresso dal lato opposto al giardino: vedi come la pratica del Fôro avvezza ai ripieghi e agli usci di riserva.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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