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      So le ultime vicende, e ho riso di cuore alle spalle di certe carogne della letteratura che tirano a scalciare a diritto e a traverso, e poi strillano se taluno risponde loro con una solenne frustata. In tutto questo fare non vede Ella l'impotente che si sforza di parer buono a qualcosa? Questi canucciacci che s'avventano ai calcagni d'ogni galantuomo, non credo che sia bene toglierli dalla loro oscurità. Condannati a affaticare il torchio di quando in quando, e mai il lettore, tentano talora di provocarsi contro le ire dei magnanimi per vedere di passare alla posterità se non altro di rimorchio. Per questo io direi che Ella, il De Boni e gli altri del Giornale, lasciassero in un canto costoro, moltopiù che in luogo della Musa e della ragione, hanno il birro e il prete dalla loro, e non potendo di quelle, s'aiutano di questi, cercando il proprio genio, che deve essere un non so che d'anfibio o ermafrodito, tra la razza del collare e quella dalle manette. Seguite tutti la vostra via che mi pare buona; ma quando frustate, frustate il mazzo, e che nessuno vi scappi: così ciascuno si vergognerà senza risentirsi, seppure non è matto.
      Grazie del Giornale che accetto volentierissimo, e se la salute me lo permette vedrò di non iscroccarlo affatto. Saluti da parte mia il De Boni, e scusi se mi sono impancato a dirle il mio parere.
      101.
      Ad Andrea Maffei.
      Mio caro signor Maffei.
      Non posso resistere al desiderio di scriverle direttamente dappoichè ho vedute le poche parole che Ella s'è compiaciuto rispondermi nella lettera scritta a Emilio Frullani.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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