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      Smania, si lamenta, non trova posa in nessuna positura, non dorme, non mangia, e poi colpi negli orecchi continui, bocca e stomaco pessimi, sfinimento di forze, e quel che è peggio, paralisi a riprese più o meno spesse, ora alla lingua, ora alla mano destra: creda che è una vera pietà a vederlo e a udirlo. Io me ne sento lacerare, e mi ci vuol tutta per farmi forza dirimpetto a lui in modo che non abbia a sconcertarsi anco del mio dolore. Una cosa speciale, ma non meno lacrimevole, è quel suo solito modo di volgere in burla le sue stesse infermità. Gli altri ne ridono e n'argomentano bene, io me n'affliggo al doppio, sapendo che si può tradurre in ischerzo le pene sofferte e quelle che si soffrono, e accusare col sorriso dolori che non hanno rimedio. Aggiunga l'esser qua in un paese sprovvisto di medici a garbo, lontano dai suoi amici più cari, senza una persona che sappia starli d'intorno con quella delicata e schietta sollecitudine che forse è la prima medicina, e veda come debba trovarsi questo pover uomo, ed io che me lo veggo struggere sotto gli occhi, e che gli sono stato sempre più figlio che nipote. Manderei o verrei a prendere Bufalini, ma è un tasto che bisogna andare adagio a toccare, per paura di far peggio, tanto lo infastidiscono le cose nuove e i visi nuovi. Per tenerlo quieto più che sia possibile, ho fatto chiudere le porte a molti, e vedo che bisognerà fare lo stesso a molti altri del luogo, visitatori instancabili, tediosi, rumorosi, inutilissimi. Le donne, che sono al caso dicerto più di noi d'usare d'intorno a un infermo quegli uffici pietosi che riescono di tanta utilità, hanno poi la maledizione di volersi rifare a ogni costo del silenzio e delle cure, tessendo e ritessendo la storia minuta della malattia a quelli che son lì, e la veggono come loro, e anco al malato che la soffre.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Bufalini