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      Io a volte darei nei lumi, ma pur troppo non si può avere il miele senza le mosche. Ha la stufa in camera, e tra le persone di servizio e quelli che capitano di fuori, ho trovato che tiravano a metter su legna e a fargli un fuoco d'inferno, badando più a mantenere l'uso voluto da lui quand'era sano, che ai riguardi che vuole adesso la malattia. A queste necessità, se non v'è persona che le intenda, nessuno provvede, e la peggio tocca sempre a chi è inchiodato nel letto in mano di barbari. Vedo bene che per quanto s'abbia per casa gente attenta e capace, guai a chi non è assistito dai suoi. Dietro tutto questo, mi compiaccio di non esser partito con mia madre, perchè certamente non sarebbe stato senza che me ne venisse dietro una grave taccia di durezza e di trascurataggine. Mi fermerò qua fino a tanto che non lo veggo ristabilito, tanto più che ha mostrato di gradirmi moltissimo, quando già mi credeva per viaggio, sebbene a ogni momento mi dica: Vai a divertirti, vai a raggiungere tua madre, qui t'annoierai. Pensi se m'annoio, o se ho voglia di divertirmi! Dio voglia che finisca bene, ma quella paralisi mi mette in pensiero.
      Conceda alla mia afflizione questo lungo lamento . . . . .
      103.
      A Luigi Alberti.*
      Monsummano, 14 marzo 1843.
      Mio caro Gigi.
      Mi tratterrò tuttavia qua a Monsummano dal zio, che non è migliorato gran cosa dal tempo che ci venni; e tu intanto penserai di proposito alla Rosa di Maggio, che dicerto sarà pubblicata o almeno preparata prima che io possa tornare. Metterai dunque nella pagina avanti a quei versi questo indirizzo


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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