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      Almeno dieci volte, nel tempo della malattia, il zio voleva scrivervi; ma ora una cosa ora l'altra lo trattenne dal farlo, rimettendo la cosa a tempo migliore. E per farvi vedere quanto è vero che parlasse spesso di voi, m'ha detto mille volte che tra voi due avevate fatto il patto di non scrivervi fino a tanto che o l'uno o l'altro non si fosse ammalato.
      Ma io rattristo voi e rattristo me medesimo con queste acerbe ricordanze, mentre e voi ed io avremmo bisogno di sollievo. Datemi una prova della vostra cara amicizia tenendomi al giorno delle vostre nuove, e seppure il male non vince l'animo vostro, fatevi cuore più che potete e vedete che la costanza vi faccia da primo medico e da vera medicina. So quanto siano sterili queste esortazioni a chi soffre; pure a me non le detta il bisogno di dire qualcosa, ma il desiderio di vedervi libero e sano e di mostrarvi il mio attaccamento.
      Credetemi veramente vostro ec.
      111.
      A Gaetano De-Castillia.
      Mio caro Castillia.
      T'ho voluto bene prima di conoscerti, più bene che mai dopo averti conosciuto, ed ora che mi porti una lettera di Manzoni, figurati quanto te ne voglio. Gli risponderò subito e manderò la lettera a te pregandoti di fargliela avere per un mezzo particolare e sicuro.
      Quanto ti tratterrai a Firenze? Posso sperare d'abbracciarti anco questa volta? Castillia mio, sono così pochi gli uomini come te, che io avrei bisogno di star teco anni e anni per rifarmi di tante belle speranze svanite.
      Non so quanto mi tratterrò a Pescia, perchè vorrei tornare a Firenze sicuro della salute che quest'anno ha avuto de' colpi un po' troppo violenti.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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