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      A te parrà di non avere studiato abbastanza, come pare a tutti coloro che sanno veramente qualcosa; ma io credo che il tuo pensiero possa avere un campo assai largo nelle cose vedute e lette fino a qui, per potere fare a meno dei libri se non altro fino a tanto che la tua vista riprenda attività e vigore. Mi duole di recarti in esempio un amico carissimo al mio cuore; ma vedi, Gino Capponi finì di precipitarsi per aver voluto tirar via quando per l'appunto era tempo di starsene. Io stesso, per un altro incomodo, son costretto a soprassedere, e se dessi retta alla voglia, a quest'ora sarei rovinato del tutto, perchè il tavolino tanto fiacca la salute quanto rialza lo spirito. Quando è scritto che uno dei due se ne vada, vada pure la salute; ma se può evitarsene la rovina con un mese, con un anno, con due anni d'indugio, facciamolo per poter tornare in campo più sicuri e più forti. A te non mancheranno amici che ti leggano e che ti stiano a dettatura, e tu devi ricorrere a loro e risparmiarti quanto puoi. A questo non deve consigliarti solamente la sollecitudine di te stesso, ma anco l'amore del vero e dei tuoi simili, giacchè tu sei uno dei pochi che non abbia paura di professarlo apertamente.
      Dici bene che i lavori della mente potrebbero essermi di grandissimo conforto; ma sappi che se io prendo un libro, sono obbligato a lasciarlo quasi subito per la fatica e per il mal essere che mi piglia. A scrivere poi non bisogna pensarvi, e l'immaginazione mi s'è inaridita quasi affatto.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Gino Capponi