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      Solito gettare sulla carta le impressioni ricevute di qualunque genere esse sieno, mi vennero fatte quelle due cose dolci forse com'erano gli obietti veduti, e malinconiche come era allora l'animo mio. Se ottenni qualche lode scrivendo, fu per le rime giocose: ma se i santi dell'uno e dell'altro sesso non mi fossero riusciti arlecchini, avrei toccata sempre più volentieri questa corda delle miti affezioni. Pure anco scherzando ho cercato di non allontanarmi mai dal vero e dal retto, e mi potrà avere ingannato l'intelletto, la coscienza non mai. Di tre cose ringrazio con tutta l'effusione del cuore l'altissimo dispensatore dei beni e dei mali. Prima di tutto lo ringrazio d'avermi fatto nascere in modesta fortuna, per la qual cosa io non ho fatto nè farò mai nessuna viltà per salire più alto; poi per avermi fatto sentire per tempo il bisogno di coltivare l'ingegno, e di cercare un rifugio in me medesimo; in ultimo d'avermi preservato da ogni ciarlataneria e data indole liberissima e labbro pronto a confessare e deridere i propri difetti, e le ignoranze della prima gioventù. Spesso ricalcando le orme del passato e cercando severamente i ripostigli tutti della mia coscienza, trovo infiniti errori e difetti che m'attristano e mi commuovono l'animo contro me stesso, ma in questo segreto conflitto sorge il pensiero consolante d'aver saputo tornare addietro, e mi trovo assai più infelice che abietto. Per questo conforto, lascio volentieri ai vilissimi fortunati la boria d'apparire eccellenti sentendosi turpi e meschini.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416