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      In questo Ella è superiore al Porta, e noi siamo ben contenti di confessarlo, e di godere del beneficio che il mirabile di Lei ingegno sa fare anche per questa parte all'Italia nostra: in mezzo a tante bellezze di condotta, di pensiero, di che abbondano le sue poesie, dove non è raro di vedere le più alte verità compendiate in un frizzo e messe alla portata del popolo; è una gran delizia quella di trovar tutto fuso un maraviglioso profumo di lingua e di stile.
      Prosegua, sig. Giusti, nella splendida carriera a consolazione di questa nostra povera patria, voglia aver la bontà di considerare nel numero de' suoi sinceri amici chi senza bisogno della di Lei condiscendenza si è già da un pezzo dichiarato tra i suoi più caldi ammiratori.
      Tommaso Grossi.
      121.
      A Tommaso Grossi.
      Caro Signor Grossi.
      Dacchè mi lasciai vincere dalla tentazione di mandare a Lei e al Manzoni quei due Scherzi, sono stato colla febbre addosso d'aver fatto una minchionería, perchè in verità o bisogna avere il capo in cembali, o confidare alla cieca nella bontà degli altri, per farsi avanti da sè, là all'impazzata, come faceva il nostro professor Pacchiani quando era vivo. È vero che mi raccomandai alla marchesa D'Azeglio, perchè rimediasse in qualche modo a questa scappata, facendo valere l'affetto grande che sentii per Manzoni e per Lei fino da quando ebbi letto i Promessi Sposi e l'Ildegonda, e la viva gratitudine per certe parole cortesi dette da loro in favore di quel poco che ho fatto, e che un buon vento m'aveva portate all'orecchio.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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