Pagina (318/416)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Quassù dell'invasione francese non arrivò altro che il nome e le imposizioni; e il continuo viavai dei forestieri, che sui luoghi di passo si lascia dietro mille allumacature, non tocca questi colli veramente fortunati, per essere lontani dalla via maestra. Come vi si trovano le giubbe di cinquant'anni fa, vi si trova tale e quale il linguaggio; ed io quando torno quassù mi sento spogliare la lingua di quella pasta, che pur troppo s'attacca conversando coi poliglotti delle città grandi, e ripiglio anch'io la chiacchiera casalinga, meno lisciata, ma più evidente. Nel sarto, nel calzolaio, nel fornaio, nel contadino (e non intendo di farle nè un idillio nè un'egloga), ritrovo i miei compagni di scuola d'una volta, e cerco di stare e di scherzare con loro più a lungo che posso, per rifarmi l'orecchio e il palato alle nostre maniere di dire, di quando facevamo il chiasso insieme. Quanto m'abbia fatto pro questa cosa, non glielo starò a dire: le basti che quel po' di brio che Ella trova nella lingua usata nei miei Scherzi, è frutto di questo studio fatto in piedi, per le piazze e per le botteghe. In città mi son battute davanti le ridicolezze, in campagna ho ripescato i panni per vestirle
      . Ella ha ragione di dire che l'Italia ha una lingua viva e vera, e che si trova a mala pena e non tutta nei libri e nei Vocabolari. Questo deriva da una delle tante divisioni che per tutti i sensi ci hanno fatto di mille pezzi, come certi tappeti che mettono insieme le donne di cenci diversi. Ai tempi dello stato libero, tutti, dal piccolo al grande, parlavano a un modo, e la differenza stava nel sapere più o meno, nell'essere più o meno capaci al maneggio della cosa pubblica o a stendere un libro.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Scherzi Italia Vocabolari