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      Dice un proverbio: Chi vuole acqua chiara vada alla fonte. Avrà fatto avvertenza che i più fanno festa come a persone di casa, a quelle scritture nelle quali riscontrano i modi loro propri; mentre nel laberinto di frasi recondite e pellegrine restano lì smarriti, e si trovano persi come tra gente che non conoscono, e dalla quale non sono conosciuti. Questo, mi diranno taluni, fa per te che scrivi a codesto modo, ma per chi batte una via diversa, è un altro par di maniche. Sì, ma non sarebbe la meglio parlare un po' più alla liscia anco di scienze e di filosofia? Perchè a tutte le cannelle del sapere non hanno a potere attingere anche i brocchetti di terra cotta? E per chi lavorano gli scrittori se non per chi non sa? Forse ubbíe che mi levo di testa, ma oramai la penso così, ne m'indurrò mai a scrivere solamente per chi scrive, ma bensì anco per chi ama di leggere e d'intendere senz'altra presunzione.
      Venendo al particolare, ho avuto piacere che le sia andato a genio il Re Travicello. L'ho a dire? Anch'io ho le viscere di babbo per codesto ghiribizzo, nato a buono stomaco, e non a bile sollevata come certi suoi fratelli. Che se stesse solamente nella mia volontà, vorrei toccare un po' più quella corda piana, che forse è la più difficile e la più efficace. Ma che vuole? Già in primo luogo il fegato ha le sue intemperie; ed io, senza staccarmi dal filo al quale oramai ho raccomandato la testa, mi volto e mi rivolto, secondo le spinte che sento dentro, come quei frati di cartone che segnano il tempo: e poi mi sia permesso di dire che pochi hanno l'orecchio alle arguzie lievi, e quasi nascoste; e quando si tratta d'averla a fare coi sordi o cogli afflussionati, bisogna suonare a martello.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Re Travicello