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      Una delle cose che più mi dia noia in questo mal essere che mi sta addosso, è quella di non potere nè leggere nè scrivere a lungo, senza risentirne un affaticamento indicibile. Ora che i folletti della prima gioventù se n'erano andati quasi tutti, o almeno mi davano poco fastidio, era tempo di riempiere molte e molte lacune che mi sento nel cervello; e già m'era fatto un piano di studi a modo mio, per tentare non di doventar dotto, chè non ne ho avuto mai il grillo, ma solamente di vederci un po' più chiaro. Speriamo che dopo il cattivo ne venga il buono; ma intanto passa l'età migliore, ed io son qui in uno stato di sospensione come un'anima del Limbo . . . . .
      Abbiti cura, mio caro Sandro, e conservati alla famiglia, agli amici, agli studi, a te stesso e a me, che sento d'esserti più fratello che amico. Se la fortuna non avesse voluto mettermi a durissime prove (forse per il mio meglio), m'avrebbe procacciato fino dai primi anni un compagno come te, compensandomi largamente di mille conoscenze stomachevoli che tutti siamo destinati a inciampare nella vita, con tanta vergogna e con tanto dispetto. Io ci avrei guadagnato dicerto, e avrei cercato di pareggiarti nel ricambio dell'affetto se non in quello dell'ingegno. Lontani come siamo, facciamolo da qui innanzi, e figuriamoci di non essersi mai più perduti di vista dal milleottocento ventisei.
      126.
      A Giuseppe Vaselli.
      Montecatini, .. novembre 1843.
      Mio caro Beppe.
      So da gran tempo le tue disgrazie; e se non me ne sono mostrato inteso con te, è stato per non toccarti la piaga nel tempo della sua maggiore acerbità. Ora non credo che stia bene un silenzio più lungo ad un amico quale sono veramente per te, e se le mie parole rinnovano il tuo dolore, perdonalo all'affetto grande che ci lega.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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