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      Se mi lasciassi menare per il naso dall'amor proprio, dovrei lamentarmi di non aver potuto condurre a fine alcuni lavori e immaginati e abbozzati; ma e chi mi dice che mi sarebbero riusciti? Mi pare di vedervi sorridere di queste parole come di malinconie venute lì per lì; ma, amico mio, crediate che scrivendo a voi non sarei tanto facile a lasciarmi andare perchè vi amo come fratello, vi rispetto quanto si può rispettare un uomo vero, e parlo a voi come alla mia coscienza. Fingiamo che il male passi; ma nell'incertezza, vorreste che andassi avanti senza cognizione di causa? Cercherò di non perdermi, ma non mi punterò colle mani e coi piedi nel buio dell'errore col pericolo d'incappare nel precipizio a un tratto. Sei, otto mesi sono, queste riflessioni non venivano; ma ora vengono e non voglio rimandarle, perchè e' mi pare che abbiano aspetto amichevole. Non so se possa essere sollecitudine di me che si mascheri, ma in ogni modo voglio dirvi che mi duole acerbamente dei miei, ai quali è già un pezzo che reco afflizione per questi malanni che m'hanno assalito: quasi vorrei che avessero un cuore di marmo.
      Forse fo male a scrivervi queste cose; ma se avete conosciuto il bene che vi voglio, non vi dispiacerà che io v'abbia detto tutto fino all'ultimo. Se dura così, potrebbe darsi che non fossi più in tempo di congedarmi da voi, e mi parrebbe di non partire soddisfatto.
      131.
      A Marco Tabarrini.
      Marco mio.
      Quanto m'ha fatto piacere la tua lettera! Quante volte ho cominciato a scriverti e poi non sono andato oltre per temenza d'affliggerti!


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Marco Tabarrini