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      Caro amico mio, che vita orribile che m'è toccata a sostenere da un anno in qua! I patimenti m'hanno fatto pusillanime al cospetto degli altri, e vile al cospetto mio; ma non ho forza, non ho virtù che basti a combattere questo nemico interno che mi consuma sordamente. I piaceri della vita sono andati, e vadano che poco m'importa; ma gli studi, anco gli studi, unico mio refugio, hanno dovuto andarsene. Mesi fa temeva di morire, te lo confesso; ora quasi temo di vivere. Profitta, mio caro, di codesti begli anni, profittane per conoscere il mondo, per educare e per fortificare codest'anima schietta, calda, capacissima del buono e del bello; profittane insomma per non vivere inutile a te stesso e agli altri. Se le preghiere e i consigli d'uno che t'è fratello d'amore valgono a persuaderti, non abbandonare mai gli studi, e studia all'antica se vuoi distinguerti dai moderni e distinguerti in meglio. Io in questo tempo di sconforto, ho riandati i Classici latini, e sebbene gli abbia riveduti coll'occhio languido dell'uomo che soffre, quante bellezze, quante maraviglie di pensiero e di stile! Riprendili, Marco mio, riprendili anche tu e tienteli sempre accanto, non per servirtene di falsariga, ma come di fiaccola che ti precede nell'investigazione del grande e del vero artistico. Rammentati che la civiltà moderna non è altro che un ramo innestato sul tronco della civiltà antica, e nutrito del succo di questa. La fronda, il fiore e i frutti appariscono diversi, ma la cultura è una, e lascia dire gli stolti.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





Classici Marco