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      E sempre più mi confermo nell'opinione che ho avuta da molto tempo, che i versi latini insegnino a fare i versi italiani; molto più che questo cielo, educatore delle più nobili armonie, educatore di Virgilio e di Orazio, spira sempre a un modo, sebbene le corde dello strumento siano mutate e anco declinate. Se io avessi una collezione completa degli scrittori latini e se dovessi morire, vorrei lasciarla a te, perchè credo che questo solo potesse persuaderti a riprendergli ogni tanto, come si fa d'un oggetto posseduto in comune con persona che c'è stata cara . . . . . Addio.
      132.
      A Giuseppe Giusti.
      Milano, 8 Novembre 1845.
      Quando uno, per farmi un regalo, mi dette la prima volta a leggere de' versi d'un certo Giusti, non so se sia stato maggiore per me il piacere di legger de' versi bellissimi o quello di veder nascere una gloria italiana. Quel certo scomparve poi subito, come Lei deve sapere; e l'avidità del pubblico, la quale fa le veci di stampa per ogni suo nuovo componimento, serve benissimo la mia. Ma pensi con qual particolare sentimento io abbia ricevuto quello che mi veniva da Lei, e che, col solito e sempre vivissimo piacere, mi portava un segno d'una così cara e onorevole benevolenza. Del resto, in qualunque maniera mi fosse pervenuto, non era possibile sbagliarne l'Autore. Son chicche che non possono esser fatte che in Toscana, e, in Toscana, che da Lei; giacchè, se ci fosse pure quello capace di far così bene imitando, non gli verrebbe in mente d'imitare. Costumi e oggetti, realtà e fantasie, tutto dipinto; pensieri finissimi che vengon via naturalmente, come se fossero suggeriti dall'argomento; cose comuni, dette con novità e senza ricercatezza, perchè non dipende da altro, che dal vederci dentro certe particolarità che ci vedrebbe ognuno, se tutti avessero molto ingegno; e questo, e il di più, in un piccolo dramma popolato e animato, e con uno scioglimento piccante, e fondato insieme su una verissima generalità storica.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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