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      Ma io forse ti affliggo e ti sottopongo a subire uno dei soliti svantaggi della vera amicizia, obbligata sempre a dividere e lacrime e tormenti e percosse d'ogni genere. Agli altri, scrivo di rado e scherzando, come scherzo e rido con quasi tutti coloro che ho d'intorno, essendomi accorto che per non darsi la pena di compatirti e di compiangersi teco, i più, quando ti sentono lamentare, si buttano a darti d'incontentabile e di visionario.
      Dirai a Pietro Bigazzi che non si confonda per l'Amyot che lo pregai di cercarmi; gli dirai che faccia di tutto per far risolvere questi Preti di Monsummano a commettere al Marini una pronta restaurazione delle Lunette di Giovanni da San Giovanni. Sarebbe un peccato che quelle pitture, unico capo di bell'arte che sia nei nostri dintorni, dovessero andare al diavolo per incuria di chi ha la chiave dell'acqua santa. È vero che le stimano belle per sentita dire, ma basta, o almeno dovrebbe bastare, per sottoporsi all'obbligo di tenerne conto. Per lo più di queste ricchezze facciamo come fanno i Magistrati di quelle del prodigo, che ne pigliano cura quando son li lì per finire. Ho veduto lo stesso per tutto dove sono stato: non ostante, meglio una volta che mai.
     
      147.
      Dei miei studi non posso dirti nulla o quasi nulla. Me ne vo là là scartabellando ora un libro o l'altro senza potere studiare e senza sapere come si studia; scrivo a salti andando dietro al barometro di dentro, che segna ora buon tempo, ora pioggia, ora burrasca, ora tempo asciutto. Oggi mi par di far bene, domani temo d'aver fatto male, poi torno a compiacermi delle cose fatte, e poi di nuovo eccoti a sgomentarmi le fasi del mio cervello: in Bonifazio ce ne sono dei più fermi.


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Epistolario
Volume Primo
di Giuseppe Giusti
Le Monnier Editore Firenze
1863 pagine 416

   





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